Museo della scultura del ’900 sardo
Giardino su via Brofferio (ingresso)
Due sculture di Pinuccio Sciola, una sotto il cedro, l’altra a parete presso il pergolato, sono collocate nell’area rialzata del giardino, a sinistra dell’ingresso.
In prossimità dell’accesso all’edificio, è posizionata la Capretta (1952) in bronzo, lavoro giovanile di Maria Lai, che su questo tema ha imbastito a più riprese vari filoni di ricerca espressiva. In parete, l’altorilievo ceramico di Gavino Tilocca, Notte e giorno, opera emblematica degli anni Settanta del secolo scorso, connotata da un’inconsueta profondità plastica della materia.
Francesco Ciusa (1883-1949)
La sala, dedicata al primo scultore della Sardegna moderna a risonanza nazionale, è composta da due ambienti comunicanti e ospita opere in stucco marmoreo: figure femminili quali Fanciulla di Desulo e Adolescente; il ritratto del poeta Sebastiano Satta, o temi di intimità familiare come La Campana, capolavoro della piccola statuaria dell’artista; il gruppo Il ritorno; due varianti del Sacco di orbace; l’inedita stele in bassorilievo, Bacio.
L’opera Prua di Sardegna è proposta in una visione dal basso che enfatizza la spinta verso l’alto della composizione.
Il carattere della raccolta rispecchia lo spirito modernista della piccola statuaria realizzata dall’artista agli inizi degli anni Venti, scelta funzionale a una maggiore diffusione del proprio lavoro.
Verso l’ideale, alla parete, in alto, è parte di una figura intera andata perduta nella distruzione dello studio dell’artista a seguito dei bombardamenti americani della seconda guerra mondiale.
L’insieme è completato da Solenne giuramento, raro disegno a china con cornice originale, studio per la scultura di medesimo soggetto.
Costantino Nivola (1911-1988)
Il nucleo di opere dell’artista è tra i più ricchi, per numero e tipologia, dell’intera raccolta. I suoi lavori sono già esposti in parete nel corridoio fra le sezioni Nivola e Ciusa, che ospita 10 studi preparatori per Piazza Satta a Nuoro, il Marengo in terracotta, e il Ritratto di Costantino Nivola dello scultore pistoiese Marino Marini. Sempre nel corridoio, sulla mensola, sono presenti due “figure femminili” realizzate ad Assemini, a metà degli anni Settanta, nella bottega del ceramista Luigi Nioi, mediante la manipolazione del vaso in argilla, a suggerire la sensuale morfologia del corpo femminile.
La sala ospita la grande scultura in travertino La madre sarda e la speranza del figlio meraviglioso, e le più piccole figure femminili in polistirolo gessato, modelli per la traduzione in marmo di grandi dimensioni; a parete sei esemplari di Letti in terracotta, modellati dai primi anni Sessanta ai Settanta, e quattro piastre in terracotta a bassorilievo, offrono un’idea complessiva dell’originalità e potenza espressiva di questo artista; infine una proiezione a parete illustra i sand-cast, rilievi decorativi progettati quali inserti nelle architetture e nei vasti spazi urbani, secondo tecniche ideate dallo scultore e divenute suo tratto peculiare, di cui si offre testimonianza attraverso l’opera in cemento del 1969: 113th Precinct Station House.
Salvatore Fancello (1916-1941)
La sala è preceduta nel vestibolo dal gruppo delle 12 formelle dedicate ai mesi e segni zodiacali del 1936. Questo ambiente è caratterizzato dalla serie di sculture degli anni Trenta realizzate in ceramica, tridimensionali o in bassorilievo che, pur nelle piccole dimensioni, costituiscono un contributo fondamentale alle ricerche della moderna ceramica italiana, così come per la Grotta dei cinghiali rossi, appartenuta all’architetto Giuseppe Pagano, presente sulla copertina della rivista Domus del 1941.
Un gruppo di disegni amplia l’indagine sul giovane artista che morì tragicamente a soli venticinque anni sul fronte greco-albanese, perdita allora sottolineata da una retrospettiva al Museo di Brera a Milano e dal catalogo dedicatogli dall’Editoriale Domus.
Nella sala è esposto anche Cavallo giallo (1948) di Aligi Sassu, realizzato ad Albisola (Savona) presso la Bottega Mazzotti, così come quasi tutte le opere mature di Fancello, scultura che presenta molte analogie con quelle fancelliane. Una modalità espressiva adottata anche da altri artisti, quali Luigi Broggini, ma soprattutto peculiare nelle ceramiche di Lucio Fontana.
Maria Lai (1919-2013)
L’ambiente accoglie opere legate al filone principale della ricerca poetica dell’artista, radicata nell’antropologia e nella cultura popolare.
Il focus è costituito dalla grande struttura Le fate operose N. 2, del 1989, composta da terrecotte inserite in elementi modulari in cemento. Nella sala sono inoltre presenti un gruppo di terrecotte smaltate, i Telai di Maria Pietra, un Presepe in legno e terracotta, e il ritratto di Mila in ceramica smaltata al terzo fuoco, opera dei primi anni Settanta.
Il filmato di Tonino Casula (Legare collegare, 1981) propone il tema del tessere, meglio, del “legare” mediante i fili dell’ordito, e testimonia l’azione più nota dell’artista: Legarsi alla montagna. Opera relazionale, la prima riconosciuta come tale in ambito internazionale, documentata anche in parete da alcune grafiche originali su carta (su basi fotografiche di Piero Berengo Gardin).
Eugenio Tavolara (1901-1963)
La sala è caratterizzata dal grande modello in legno e gesso del Portale per la chiesa della Solitudine, santuario che accoglie la salma del Nobel nuorese Grazia Deledda. L’opera, del 1953, è qui proposta nella versione originale, base per la definitiva fusione in bronzo, come le sei Stazioni della Via Crucis anch’esse destinate alla Chiesa della Solitudine.
Risulta, invece, lavoro a sé stante l’altorilievo Composizione (Flagellazione) esposto nel 1950 alla Biennale di Venezia.
Cavalieri (1956) è uno studio per la grande Cavalcata in steatite, opera decorativa destinata al Padiglione dell’Artigianato a Sassari.
Gavino Tilocca (1911-1999)
L’opera di questo artista è visibile in diversi ambienti di Spazio Ilisso. A suggellare il percorso della raccolta permanente tra gli spazi interni e i giardini sono state scelte due sue importanti sculture ceramiche: la testa in terracotta smaltata raffigurante una Donna di Orgosolo (1959), che documenta l’abilità e la sperimentazione di Tilocca nell’uso degli smalti ceramici e nelle forme (caratteri innovativi più volte riconosciutigli con premi nei concorsi internazionali di Faenza), e il grande gruppo, sempre in maiolica, Battaglia, capolavoro nell’indagine di tale tematica che ha impegnato gli ultimi decenni dello scultore sassarese.
Giardino interno su vico Cattaneo
Vi sono ospitate sculture di Costantino Nivola, la Danzatrice dell’argia, in marmo di Carrara bianco – visibile in prospettiva già dall’ingresso di via Brofferio –, e due versioni di La madre sarda e la speranza del figlio meraviglioso, anch’esse in marmo di Carrara.
I tre bronzi invece sono opera di Gavino Tilocca. Tra essi il Piccolo pescatore del 1944 risulta significativo per capire gli orientamenti giovanili dello scultore. Il Ritorno del Guerriero e Cavaliere a due cavalli (entrambe dei primi anni Settanta) sono, invece, chiare testimonianze della poetica ascrivibile all’artista, la cui materia espressiva è stata senz’altro quella ceramica, ambito che gli ha consentito una più libera sperimentazione di formati, tecniche, soggetti, sostenuti da più larghi consensi.